Inquinamento atmosferico in ambiente “Indoor”: un rischio silenzioso per la salute
Effetto dell'inquinamento indoor sulla salute umana: i risultati di uno studio congiunto ENEA-CNR nell'ambito del Progetto INAIL “VIEPI-Valutazione Integrata dell’Esposizione al Particolato Indoor”
Un recente studio condotto dalla Divisione SSPT-BIOTEC di ENEA, in collaborazione con il CNR (nell’ambito del progetto INAIL “VIEPI-Valutazione Integrata dell’Esposizione al Particolato Indoor”) e pubblicato sulla rivista Environmental Pollution [1], ha rilevato che le particelle fini (PM2.5) e ultrafini (PM1) presenti nell'aerosol in ambiente indoor (cioè al chiuso) influenzano la risposta delle cellule del tessuto bronchiale umano, agendo sia sui geni legati all'infiammazione sia a livello dei meccanismi intracellulari deputati al riconoscimento e alla rimozione delle sostanze tossiche inalate.
Lo studio ha esaminato la risposta tossicologica delle cellule bronchiali umane esposte all'aerosol di un'aula universitaria nell’arco di 24 ore (anche durante lo svolgimento delle lezioni e in presenza di studenti), utilizzando un innovativo sistema biotecnologico portatile che permette l’esposizione di cellule umane al particolato atmosferico in tempo reale.
Lo studio ha dimostrato che il particolato atmosferico esterno, proveniente soprattutto dal traffico urbano e influenzato da condizioni climatiche come pioggia e vento, modifica le caratteristiche dell'aerosol in ambiente indoor, aumentando la concentrazione di particelle fini e ultrafini.
Inoltre, ha evidenziato che la presenza di persone in aula, così come i sistemi di trattamento dell'aria, contribuiscono significativamente alla variazione della biomassa nell'ambiente interno.
I risultati ottenuti forniscono una base scientifica solida per ulteriori studi e per poter sviluppare idonee strategie di controllo della qualità dell’aria e di mitigazione per prevenire patologie legate all’esposizione agli inquinanti aerodispersi, presenti anche negli ambienti al chiuso, in contesti sia domestici che lavorativi.
Fonte: media.enea.it